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Botanica

Fagaceae

Albero maestoso, descritto nel 1532 ma già conosciuto in epoca romana, alto fino a 25 metri, con corteccia bruna, rami giovani grigio-pubescenti, foglie lanceolate o ellittiche, a margine intero o dentato, bianco-tomentose sulla pagina inferiore, scure e lucide sulla pagina superiore.
Fiori riuniti in amenti maschili lunghi 4-6 cm, ghiande ovate con punta allungata e ricoperte per metà dalla cupola emisferica.

Cresce in boschi aridi e macchie fino a 600 metri si trova in tutto il mediterraneo, preferisce gli ambienti caldi e secchi ma resiste anche ai venti salati e per questo motivo viene utilizzato per formare barriere antivento sulle coste. Per la sua robustezza e la resistenza all’inquinamento viene utilizzato come specie ornamentale in parchi, viali e giardini. Il suo legno, duro e compatto, viene usato nell’industria dei mobili oppure per combustibile, le ghiande sono utilizzate per l’allevamento dei suini.

Storia
La Pianta a Castelgandolfo

È uno degli alberi più presenti, spesso riunito in molti, grandi e vetusti esemplari a formare imponenti viali vicino a villa Barberini e vicino a Villa Cybo e nel parco sovrastante i giardini all’italiana e a formare una spettacolare galleria nella via che conduce dal basso agli stessi.
Ma la caratteristica più importante è la presenza un po’ in tutta la tenuta, di esemplari monumentali, antichissimi (centinaia di anni) e bellissimi nelle forme che hanno assunto col passare del tempo. Sempre nel viale davanti al parco all’inglese troviamo gli esemplari più vecchi e uno, in particolare, vicino al Padiglione del Riposo che è sicuramente il “patriarca” di Castel Gandolfo: alto (adesso) più di 20 metri, con una circonferenza a 130 cm. di altezza dal terreno di 4,45 metri, completamente scavato all’interno ma con vigorosi butti che ne dimostrano la persistente vitalità.
È stato anche colpito da un fulmine che ha solo scalfito la sua forza ma ha aumentato il fascino di questo imponente testimone della storia dei Giardini.
Soffermandosi a guardare la corteccia di questo “saggio” albero, si possono intuire le lotte, le malattie, le stagioni infinite passate da questo grande albero, monumento vivente della resilienza della natura.
Col tempo è stato “aiutato” a sostenersi con del cemento da un lato e un traliccio di ferro dall’altro e guardandolo si ha l’impressione di captare il tempo che è passato sotto le sue fronde, sicuramente 200 e più anni di vita.

Simbolismo Generale

Il Leccio unisce le virtù possenti delle querce con quelle dei sempreverdi (è l’unica quercia sempreverde), non si defolia col passare delle stagioni, è simbolo quindi di immortalità, di vita eterna, di potere divino.
Simbolo della virtù trionfante, nell’Antico Testamento, Abramo dimora presso le Querce a Mamre (Gen: 18 – 1-19) e sotto le querce Abramo incontra tre personaggi (la Trinità) che gli predicono il parto della moglie Sara da cui nasce Isacco e l’inizio della storia di Dio col popolo eletto.

Molti sono i lecci legati alla figura di San Francesco: vicino a Piancastagnaio, in Provincia di Siena, c’è il Leccio della Ripe, sotto il quale si dice che si riposò ed ebbe protezione San Francesco nel 1221; sotto la stessa pianta si fermò dopo un Crocifisso di legno che da un Romitorio era stato portato ad un convento ma era ritornato lì miracolosamente. Un giovane boscaiolo, attratto dal legname dell’albero, volle tagliarlo ma la scure gli fu strappata dalle mani e ferì in modo grave il boscaiolo stesso.

Altri lecci legati alla figura di Francesco: a Montevarchi, nel convento dei Cappuccini, c’è una pianta di leccio ultracentenaria (potrebbe essere del 1200-1500) che si dice sia nata da un bastone infisso nel terreno da San Francesco; vicino alla Chiesa dell’Alberino, a Siena, esiste ancora il terzo pollone del leccio che germogliò da un bastone piantato da San Francesco.

Non è un caso che il 4 Ottobre 2019, un leccio proveniente da Assisi, sia stato impiantato nei Giardini Vaticani, nel giorno della festa di San Francesco, in vista del sinodo sull’Amazzonia, da Papa Francesco e da due rappresentanti indigeni.

Importanza Medicinale

Da sempre il leccio, come le altre querce è stato impiegato per la presenza massiccia di tannini, come antifebbrile ed antiemorragico, quindi per le qualità astringenti, antisettiche (disinfettanti), vasocostrittrici, antivirali ed analgesiche.

Le gemme sono impiegate per regolarizzare la funzionalità gastrointestinale, come tonico e stimolante negli stadi di convalescenza.

La Pianta nella Missione del Papato

Il grande albero, silenziosamente, con la forza di una creatura nel resistere ai tempi e alle stagioni, testimonia la grandezza dei doni del Signore, il Suo immenso amore che ci dà forza ed equilibrio nel sostenere le avversità della vita. Ma tutto questo è demandato alla sensibilità di ciascuno di noi che, prima di tutto, deve fare silenzio nel proprio cuore e accostarsi all’albero con umiltà, aprendosi a ciò che l’albero stesso ci trasmette, con forza ma con rispetto. Quindi l’albero può essere simbolo della testimonianza del cristiano e della Chiesa tutta, prima di tutto con le opere (…anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» Giacomo 1, 18).

Un’altra grande simbologia la possiamo trovare anche nell’archetipo simbolico del leccio che da sempre, fin dalle culture antiche nordiche, è stato simbolo di forza. ( …tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam «tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa Matteo 16, 18». Il messaggio di Cristo è chiaro e rimanda ad una forza superiore della Chiesa che non è confinata nella strategia o forza umana ma ha le sue radici nella potenza dello Spirito che mai abbandonerà la Chiesa. Ci potranno essere periodi oscuri, come ferite, cavità originate da malattie e bruciature inferte da fulmini, ma le radici profonde permetteranno sempre di avere ragione sull’oscurità e sul male. Anche il fatto di essere sempreverde, quindi in qualche modo immune dal passare delle stagioni avverse (autunno e inverno), riconduce al concetto di eternità di una costruzione voluta direttamente da Dio.